Laurearsi conviene: cosa ci dicono i dati AlmaLaurea 2022
Qual è il tasso di occupazione dei laureati? Quanto guadagna in media un laureato a cinque anni dal titolo?
Come ogni anno, è stato pubblicato il rapporto Almalaurea, studio che descrive la condizione occupazionale dei laureati e ne esamina i fattori di successo, così come i divari e le criticità.
L’analisi fatta su centinaia di migliaia di laureati (660 mila laureati su 77 Atenei) restituisce un quadro chiaro, con qualche risultato scontato e ma anche alcune sorprese. Vediamo insieme i punti chiave.
I dati occupazionali
Un dato appare chiaro: all’aumentare del livello del titolo di studio posseduto diminuisce il rischio di restare intrappolati nell’area della disoccupazione. Per chi si butta nel mondo del lavoro, essere in possesso di una laurea risulta ancora rilevante, spesso un elemento differenziale. Questo è vero non soltanto per quei lavori per i quali è ovviamente necessario il titolo (come ad esempio le discipline sanitarie), ma in generale per tutti.
Secondo anche la documentazione Istat, nel 2021 il tasso di occupazione della fascia d’età 20-64 è pari al 79,2% tra i laureati, rispetto al 65,2% di chi è in possesso di un diploma.
In particolare, secondo il rapporto Almalaurea, a cinque anni dal conseguimento del titolo il tasso di occupazione è pari all’89,6% per i laureati di primo livello e all’88,5% per i laureati di secondo livello.
Non solo: il trend è in crescita. Per i laureati di secondo livello, nel 2021 il tasso di occupazione registra un +2,9% rispetto all’indagine del 2019.
Tuttavia i risultati non sono omogenei e anzi si registrano rilevanti differenze tra i titoli di studio.
Tra i laureati biennali del 2016 intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo, emerge che i laureati in ICT, ingegneria industriale e dell’informazione, architettura e ingegneria civile e quelli del gruppo economico mostrano le migliori performance, dal momento che il tasso di occupazione è superiore al 90%. Sono invece al di sotto della media i tassi di occupazione dei laureati dei gruppi educazione e formazione, arte e design nonché letterario-umanistico, con un tasso di occupazione inferiore all’83%.
Cosa aiuta i laureati a trovare lavoro? I fattori di maggior successo
Gli elementi vincenti sono due: aver svolto un tirocinio e/o un’esperienza all’estero.
Tante volte si ha paura adimpegnarsi in un tirocinio curriculare, nel timore di sottrarre tempo e forze allo studio, considerato l’unico e vero compito di uno studente. Spesso anche le esperienze all’estero vengono viste come possibili deragliamenti, troppo problematiche per far quadrare i conti dei nostri libretti o farci raggiungere la somma di crediti che ci serve.
Tuttavia, i dati parlano chiaro: un tirocinio o un’esperienza di studio all’estero sono carte vincenti da giocare sul mercato del lavoro; a parità di condizioni, infatti, chi ha svolto un tirocinio curriculare ha il 7,6% in più di probabilità di essere occupato a un anno dalla laurea, mentre chi ha svolto un periodo di studio all’estero ha addirittura il +15,4% in più di chance. Qualche mese di ritardo sul conseguimento del titolo è un giusto investimento!
Ma quanto guadagna un laureato?
Eccoci ai numeri più interessanti, utili anche a farci un’idea di quanto dovremmo guadagnare.
La retribuzione mensile netta di un laureato a un anno dal titolo è nel 2021, in media, pari a €1.340 per i laureati di primo livello e a €1.407 euro per i laureati di secondo livello. Un’altra buona notizia: rispetto ad un livello salariale stagnante in tutta Italia ormai da anni, per i laureati c’è stata anche una discreta crescita rispetto a due anni prima: +9%.
A cinque anni dal conseguimento del titolo invece, la retribuzione mensile netta è pari a €1.554 per i laureati di primo livello e a €1.635 per i laureati di secondo livello. Anche questa categoria è in aumento (+8%).
Anche qui ci sono delle notevoli differenze a seconda della materia nella quale ci si laurea.
Come ci si può aspettare, sono soprattutto i laureati di ingegneria industriale, informatica e tecnologie ICT che possono contare sulle più alte retribuzioni: rispettivamente €1.893 e €1.851 mensili netti. Non raggiungono invece i €1.400 mensili le retribuzioni dei laureati dei gruppi educazione e formazione, psicologico e letterario-umanistico.
Tra i magistrali a ciclo unico le retribuzioni più elevate sono percepite dai laureati del gruppo medico e farmaceutico (€1.898), mentre si attestano sui €1.400 i laureati in educazione e formazione.
Le opportunità non sono uguali per tutti: le criticità del nostro sistema universitario e del mondo del lavoro
Le differenze tra laureati non sono dovute solo alla materia scelta. Purtroppo rimangono importanti i divari di genere, le opportunità legate all’area geografica di appartenenza e le difficoltà dovute al contesto familiare da cui si proviene.
Tra i laureati, si rileva una sovra-rappresentazione dei giovani provenienti da ambienti familiari favoriti dal punto di vista socio-culturale. In particolare, solo il 22% dei laureati proviene da famiglie in cui i genitori svolgono professioni “esecutive” (operai ed impiegati esecutivi). Il 54% proviene da famiglie della classe media e il 22,3% da famiglie di più elevata estrazione sociale (ove i genitori sono imprenditori, liberi professionisti e dirigenti). E’ evidente che l’Università ha ancora tanta strada da fare per riuscire a rendere l’accesso agli studi più inclusivo, meno oneroso, meno elitario – davvero possibile per tutti.
Anche l’analisi di genere mostra dati ancora sconfortanti. Nonostante ci siano più laureate che laureati, ceteris paribus, gli uomini hanno il 12,8% di probabilità in più di essere occupati rispetto alle donne. Anche guardando ai diversi tempi di inserimento gli uomini risultano avvantaggiati rispetto alle donne.
Infine, c’è il continuo esodo di studenti da Sud a Nord. Il 28,0% dei giovani del Mezzogiorno decide di conseguire la laurea in atenei del Centro e del Nord. Il saldo migratorio è pari a +23,1% al Nord, a +19,7% al Centro e a -25,7% al Mezzogiorno. Ogni anno dunque le regioni del Sud perdono oltre un quarto dei diplomati del proprio territorio.
Conclusioni
In conclusione, conseguire una laurea risulta in media ancora un elemento di vantaggio nel mondo del lavoro, sia per quanto riguarda i livelli occupazionali che di crescita salariale. I dati evidenziano soprattutto come sia importante, per gli studenti, concentrarsi non solo ed esclusivamente sullo studio, ma anche sulle esperienze extracurriculari o di contorno: nella massa dei cv in arrivo, l’occhio del recruiter andrà sicuramente a cercare esperienze di lavoro o all’estero. Certo il sistema Università deve impegnarsi a garantire questa possibilità a tutti e tutte.
Infine, vorrei concludere citando le parole di Marina Timoteo, Direttrice di AlmaLaurea: “Il Rapporto conferma il paradosso di una popolazione di laureate che si laureano prima, e con performance migliori dei loro colleghi, ma che incontrano maggiori ostacoli in termini di ingresso e condizioni sul mercato del lavoro. Da notare però che, in particolare sul piano retributivo, i differenziali di genere si attenuano nei percorsi STEM. Gli investimenti del PNRR in questa direzione si confermano in tutta la loro portata strategica. Gli esami di maturità si avvicinano e si aprono così nuove possibilità per le giovani maturande”.